I tempi ‘a orecchio’

Mi ritrovo tra le mani una macchina fotografica piuttosto vecchiotta, un pezzo ‘vintage’, ma che pare prefettamente funzionante. A prima vista si direbbe che tutto sia in ordine: lenti più o meno pulite, niente funghi, rigature marcate o grasso sulle lamelle del diaframma, specchio senza graffi, movimenti fluidi e senza scatti, tendine in ottimo stato. L’ unico fattore che non è proprio possibile controllare senza un’attrezzatura specifica sono i tempi di apertura dell’otturatore, che solitamente in una macchina ‘d’epoca’, soprattutto se ferma da un po’, tendono ad essere leggermente più lunghi rispetto a quanto indicato sulla macchina.

L’attrezzatura in questione, in realtà, può essere veramente semplice e in rete si trovano moltissimi esempi di tester fatti in casa, quasi tutti basati su un led ed un elemento sensibile (una fotoresistenza) con un collegamento al PC per la registrazione del segnale. Un esempio è visibile qui .

Poi c’è qualcuno che usa direttamente una televisione (utile, tra l’altro per tempi molto rapidi e per valutare la velocità relativa delle tendine), mentre altri si affidano al suono delle tendine che si aprono e si chiudono.

Visto che in casa avevo un microfono per PC mai utilizzato ho provato a fare qualche prova per capire fino a che punto potesse funzionare…

Setup dell’attrezzatura

Basta davvero molto poco: la macchina fotografica, il microfono collegato al PC e un software che permetta di gestire il segnale in input. Cercando in rete ho scelto Audacity, che pare essere uno tra i più gettonati. Tutto qui, non serve altro.

Il test

Per il ‘primo giro’ ho impostato sulla macchina un tempo di 1/2 secondo, voglio vedere la forma del segnale, in modo da poter capire quali sono i picchi che corrispondono all’apertura e alla chiusura delle tendine. Ecco il risultato:

grafico_mezzo_secondo

Il segnale è abbastanza chiaro, e mi dice che il tempo effettivo (quello tra i due picchi)  è circa 0,53 secondi, leggermente lento ma sostanzialmente corretto. I grafici seguenti sono il risultato delle prove riducendo il tempo di 1 stop l’una dall’altra.

1/4 di secondo:

L’intervallo questa volta è di 0,27 secondi, leggermente più alto di quanto sarebbe corretto (0,25).

1/8 di secondo:

E’ praticamente perfetto: 0,125 secondi.

1/15 di secondo:

Anche in questo il tempo è corretto: 0,066 secondi. Il grafico comincia a perdere un po’ di accuratezza.

1/30 di secondo:

Si direbbe leggermente più lento di quanto atteso (0,345 secondi invece che 0,333), ma, vista la scarsa sofisticatezza del metodo, non sono sicuro che si possa dare la colpa alla macchina.

1/60 di secondo:

Comincia ad essere complicato capire quali sono i picchi da considerare. Se la scelta fatta è quella corretta sembrerebbe che il tempo effetivo di apertura dell’otturatore sia leggermente più basso del previsto (0,0152 invece che 0,0166), ma non saprei dire se è davvero così. In ogni caso la differenza non è particolarmente significativa, si parla di qualche frazione (piccola) di stop.

L’ultimo test è su 1/125 di secondo:

Siamo arrivati al limite: capire qual’è il momento esatto in cui l’otturatore viene aperto e quale quello in cui viene chiuso è quasi impossibile e la misurazione del tempo di apertura va presa più che altro come un’indicazione. Anche in questo caso, comunque, la macchina fa bene il suo lavoro: il tempo di apertura misurato (più o meno, insomma) è di 0,0089 secondi a fronte di 0,008 secondi ‘teorici’.

Oltre questo non riusciamo ad andare. Ma, in termini di esposizione, quanto è importante un errore? In altre parole, supponendo che i test siano corretti, quando devo iniziare a preoccuparmi di una differenza tra quanto impostato e quanto misurato?

Per rispondere basta pensare che tra uno stop e l’altro raddoppia la quantità di luce che colpisce la pellicola e che quindi, a parità di diaframma e di ISO, raddoppia il tempo di apertura. Ciò sigifica che uno scostamento del 10% sui tempi diventa, a parità di altri fattori, uno scostamento di 1/10 di stop: considerando che spesso in una inquadratura le differenze tra un punto ed un altro, in termini di espozione, si misurano un ‘alcuni’ stop (anche più di una decina in scene particolarmente contrastate), direi che, almeno personalmente, non mi preoccupo di differenze inferiori al 30%, soprattutto se uso pellicole in bianco e nero, che in generale reggono benissimo ‘errori’ di esposizione anche più grossolani.

Conclusioni

Il metodo è estremamente semplice ed abbastanza affidabile, e ben si adatta alle macchine con otturatore a tendina: per una volta la tipica rumorosità dello scatto ci aiuta nel capire dove guardare. Ho provato ad utilizzare lo stesso sistema con una biottica con otturatore centrale ed effettivamente i grafici sono un po’ più difficili da interpretare. Un cosiglio: se avete per le mani una reflex, come in questo caso, assicuratevi di aver sollevato lo specchio, in quanto il suo  spostamento e la successiva caduta interferiscono non poco, in termini di rumore di fondo, con quanto vogliamo misurare.

Print Friendly, PDF & Email
This entry was posted in Fotografia and tagged , , , . Bookmark the permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *