La scatola fotografica

Dopo la Shen Hao ho deciso che il passo successivo nel mio cammino a ritroso lungo la storia della Fotografia sarebbe stata la macchina a foro stenopeico, ovvero la base elementare su cui è costruita qualunque fotocamera. Per chi non ha idea di cosa stia parlando ecco la sintesi minima: trattasi di una scatola impermeabile alla luce sul cui lato è stato praticato un forellino. La scatola è ovviamente apribile per permettere il caricamento della pellicola o di altro materiale sensibile.

Qualche esperienza con il foro stenopeico in realtà l’avevo già fatta con la digitale, utilizzando il tappo di chiusura del corpo opportunamente forato come fosse un’obiettivo, ma i risultati (per esempio qui e qui) non erano un granchè, complice anche la ridotta dimensione del sensore e parecchia polvere.  L’ispirazione che mi mancava per iniziare è arrivata vedendo qualche immagine realizzata direttamente su carta positiva come questa: l’idea era interessante e così dopo qualche ricerca e un giro da Castorama mi sono messo all’opera.

Ho deciso di utilizzare il formato 4×5 (pollici, circa 10 x 12 cm) in modo da poter sfruttare la carta anche sulla Shen Hao, e una rapida analisi con i vari ‘Pinhole Calculator’ disponibili in rete ha prodotto i risultati seguenti:

  • Lunghezza focale: 126 mm
  • Diametro foro: 0,5 mm (in realtà dovrebbe essere di poco minore)
  • angolo di campo: 51° (simile ad un obiettivo da 50mm su una reflex tradizionale)
  • rapporto focale: 252

Per la costruzione ho scartato sia cartone e cartoncini perchè troppo poco robusti e non impermeabili all’acqua (qualche goccia di pioggia e addio scatola), sia il legno per la mancanza di attrezzi e di spazio adatti alla lavorazione  orientandomi invece su un materiale plastico. Allafine ho scelto  di utilizzare per la maggior parte dei pezzi il PVC espanso in lastre da 3mm di spessore: è leggero, impermeabile, sufficientemente robusto e si taglia facilmente con un cutter.

Anche l’incollaggio è decisamente rapido ed abbastanza resistente, l’unica pecca è costituita dalla superficie lucida che potrebbe causare qualche riflesso di troppo all’interno, ma il problema è superabile facilmente ricoprendo le superfici interessate con carta nera opaca (è perfetta la carta di protezione dei rullini 120  dal lato a contatto con la pellicola).  Al momento la mia scatola è ancora lucida, in base alle prime prove vedrò se l’intervento di ricopertura sarà necessario o meno.

Ho iniziato col costruire i quattro lati, non avendo ben chiaro in mente come realizzare il ‘fondo’, destinato ad accogliere la carta, e la piastra anteriore, che volevo intercambiabile. La perpendicolarità dei lati in realtà è abbastanza facile da ottenere utilizzando un riferimento come, ad esempio, una scatola o un libro.

Le due piastrine anteriori servono sia per aumentare la rigidità dell’insieme, sia per fornire una base all’elemento ‘portaottica’, ovvero alla lastra con il foro calibrato: ho voluto rendere la parte frontale sostituibile, in modo da poter fare delle prove con fori di diversa misura e realizzati su diversi materiali.

Grazie alla semplicità d’uso del PVC una volta decise le dimensioni delle varie parti, taglio e assemblaggio sono state questioni di minuti.

La piastra forata doveva essere montabile e smontabile con poche operazioni garantendo comunque, una volta in sede, la perfetta tenuta luminosa. Ho provato alcune soluzioni ma nessuna di questa si è rivelata davvero soddisfacente, soprattutto per la presenza di infiltrazioni residue.

Alla fine ho optato per la costruzione di due fermi (uno orizzontale ed uno verticale) per il posizionamento e per l’inserimento di un bullone lungo il lato opposto ad uno dei fermi per il fissaggio:  in questo modo, anche se un’eventuale sostituzione non è rapidissima, tutta la struttura rimane centrata e ben ferma.

Per garantire la perfetta adesione tra il corpo macchina (ehm, la scatola) e la piastra ho utilizzato una fetuccia nera ripiegata ed incollata lungo il bordo dell’apertura anteriore.

La piastra, a sua volta, è divisa in due parti: la prima fa da telaio e da base per il montaggio successivo dell’otturatore, la seconda, più piccola, costituisce il supporto per il lamierino  su cui è stato ricavato il foro. In realtà, col senno di poi, bastava un pezzo solo, ma avevo pensato ad una soluzione più complessa che poi non ho adottato perchè sostanzialmente inutile.

Il foro: è la parte più critica di tutto l’insieme. Deve essere il più vicino possibile alla misura ottimale, il più possibile rotondo e non deve presentare sbavature lungo i bordi. Contrariamente a quanto si può pensare, infatti, non è detto che un foro più piccolo produca risultati migliori: sotto una certa dimensione si verificano fenomenti di diffrazione che peggiorano sensibilmente la qualità dell’immagine finale. Viceversa,  sopra una certa dimensione l’immagine finale perde nitidezza perchè aumenta la dimensione del circolo di confusione.

Nel mio caso ho utilizzato uno spillo che avevo preventivamente misurato con un calibro per cercare di ottenere la massima circolarità. Il lamierino proviene da una comunissima lattina. Dopo aver eseguito il forellino è comunque necessario carteggiare entrambi i lati della lamiera con una carta abrasiva fine (ho usato una 1200) per eliminare le sbavature. Il lamierino forato è stato poi attaccato alla piastra con nastro isolante in modo da poterlo facilmente sostituire, facendo attenzione a posizionare il foro più vicino possibile al centro per evitare effetti di vignettatura asimmetrica sull’immagine finale.

La piastra così costruita è facilmente montabile sul corpo macchina. Per completare la parte anteriore mi mancava  un otturatore adatto: nella foto è visibile (poco) il nastro nero che copre il foro e che in principio avevo ipotizzato di usare.

In realtà questa soluzione  è stata scartata abbastanza rapidamente, in quanto volevo evitare di avere problemi con l’adesivo che avrebbe perso aderenza nel tempo col rischio di cadere e lascire aperto il foro inavvertitamente (e quindi danneggiare l’eventuale immagine presente sulla carta all’interno).

Anche qui, dopo un po’ di pensate, ho adottato un sistema che sembra funzionare piuttosto bene: un cartoncino abbastanza rigido (ho preso un pezzo della copertura in cartoncino  per coprire le vaschette di alluminio per surgelati Cuki) bloccato ai lati con quattro bulloni e relative rondelle in modo che possa scorrere orizzontalmente. Sul cartoncino è stata ricavata un’apertura: muovendo la lammella  da un lato o dall’altro si apre e si chiude il foro.

Otturatore chiuso

Otturatore aperto

Per garantire la teuta di luce e facilitare il movimento ho adottato il solito sistema della fetuccia incollata sopra la piastra, in modo che il cartoncino scorra sopra di essa.

A questo punto la parte anteriore è conclusa: è il momento di affrontare la chiusura mobile della parte posteriore  in cui inserire la carta sensibile.

Sulla Rete si trovano molte soluzioni diverse per complessità e comodità d’uso,  ma mi sono reso conto che, avendo già gli chassis Fidelity 4×5 che uso con la Shen Hao e potendo caricarli indistintamente con la carta o con la pellicola, sarebbe stato molto comodo montare direttamente lo chassis stesso, in modo da sfruttare  i volet e la possibilità di avere più carte disponibili e facilmente caricabili e scaricabili per il successivo sviluppo.

Per facilitare il posizionamento dello chassis sulla parte posteriore ho aggiunto una base lungo il bordo inferiore su cui appoggiarlo, mentre il fissaggio a tenuta di luce è garantito da due bande elastiche agganciate a due coppie di bulloni: in questo modo il montaggio e lo smontaggio dello chassis è rapidissimo e, grazie ai volet, può essere fatto in piena luce. Alcune infiltrazioni luminose residue  duvute al taglio un po’ approssimativo sono state eliminate incollando un filo di lana lungo la superficie di contatto tra chassis e corpo macchina.

La scatola in questo modo è completa, ma dati i tempi di esposizione necessariamente lunghi richiesti dalla carta (ha una sensibilità pari a circa 4-6 ISO e con un rapporto focale così elevato si parla come minimo di qualche minuto) ho aggiunto la possibilità di montare il tutto su un treppiede. Avevo in casa delle boccole per ridurre il diametro del foro per il cavalletto da 3/8  (standard su alcune macchine, come la mia Arax) ad 1/4 di pollice (standard europeo): ne ho ‘affogata’ una in una piastra di PVC che ho poi incollato sul fondo della macchina: funziona perfettamente!

La pinhole sul cavalletto

Ora non resta che provare il tutto!

Aggiornamento:

Ecco la prima foto uscita dalla scatola:

http://www.flickr.com/photos/michele_brl/5439143096/

Print Friendly, PDF & Email
This entry was posted in Fotografia. Bookmark the permalink.

2 Responses to La scatola fotografica

  1. Giovanna says:

    Che figata!!!!

  2. Giancarlo says:

    Complimenti! Per me un mondo completamente nuovo… da esplorare!
    Ciao!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *