La scatola fotografica

Dopo la Shen Hao ho deciso che il passo successivo nel mio cammino a ritroso lungo la storia della Fotografia sarebbe stata la macchina a foro stenopeico, ovvero la base elementare su cui è costruita qualunque fotocamera. Per chi non ha idea di cosa stia parlando ecco la sintesi minima: trattasi di una scatola impermeabile alla luce sul cui lato è stato praticato un forellino. La scatola è ovviamente apribile per permettere il caricamento della pellicola o di altro materiale sensibile.

Qualche esperienza con il foro stenopeico in realtà l’avevo già fatta con la digitale, utilizzando il tappo di chiusura del corpo opportunamente forato come fosse un’obiettivo, ma i risultati (per esempio qui e qui) non erano un granchè, complice anche la ridotta dimensione del sensore e parecchia polvere.  L’ispirazione che mi mancava per iniziare è arrivata vedendo qualche immagine realizzata direttamente su carta positiva come questa: l’idea era interessante e così dopo qualche ricerca e un giro da Castorama mi sono messo all’opera. Continue reading

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Risveglio (e integrazione con Facebook)

E’ ora di rivitalizzare questo spazio, che dopo due anni di assoluto letargo tornerà ad ospitare vaneggiamenti e sproloqui di chi magari potrebbe avere di meglio da fare. E dal momento che resto sempre uno smanettone nell’anima, con un po’ di ricerca e di olio di gomito ho trovato (ed adattato) il plugin che mi serviva per far parlare direttamente il blog stesso con Facebook: ogni post qui avrà un rimando lì.

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Il dispositivo standard

La scatoletta emette un ticchettio sinistro.

standard

The Standard Device

Con molta cautela una mano l’afferra e la gira su un lato. Il rumore di meccanismi in movimento proveniente dall’interno varia di intensità e di frequenza, ma non sembra diminuire, le luci colorate che appaio lungo i bordi non paiono seguire uno schema ricoscibile. La sensazione di inquietudine si fa più forte: non è possibile stabilire in alcun modo quale sia il fine dell’oggetto, potrebbe addirittura essere pericoloso. Lentamente, però un’idea si fa strada: e se fosse opera di un burlone, il quale ha voluto dar corpo a quel sottile disagio che tutti sperimentamo di fronte all’ignoto, in particolar modo se l’ignoto è rapresentato da una macchina? Ed in effetti è proprio così, l’unico obiettivo dell’affare è costringere chi lo guarda (o chi l’ha in mano) a cercare una spiegazione a quello che sente e vede, senza però che questa spiegazione esista. Continue reading

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Senza filo

Questi spagnoli di Libelium hanno messo insieme un oggettino interessante. Sostanzialmente si tratta di una specie di router al quale hanno aggiunto, diciamo così, un paio di funzionalità extra: capacità di creazione e gestione di reti wirless basate su un qualunque standard: WiFi a 2.4 Ghz (indoor) e 5 Ghz (outdoor), Bluetooth, ma anche ZigBee o GPRS (tutti insieme, ovviamente); integrazione con GPS; alimentazione da rete elettrica normale, a batteria, solare. E la gestione è web based.

(da meshlium.com)
(da meshlium.com)

Lo scatolotto si chiama Meshlium e l’aspetto forse più intrigante della questione è che tutto il software che gira all’interno è Open Source (basti dire che il cuore di Meshlium, da questo punto di vista, è Voyager, una distro linux nata da Debian con kernel 2.6.23) Del resto Libelium è una società che, come dice l’home page, “design and builds hardware for the implementation of sensor networks, mesh networks and communication protocols for all types of wireless distributed networks.”. E come ogni gruppo che lavora su sw Open, anche per Meshlium esiste una community che si dedica all’ hacking dell’oggetto. Ovviamente si esortano gli interessati a creare le proprie applicazioni.

Ma, detto questo, a cosa potrebbe servire tutto ciò? L’idea del team è quella di permettere la realizzazione di reti di sensori wireless (tipo SquidBee o Waspmote, anche se quest’ultimo è ancora in via di sviluppo), i quali comunicano tipicamente via BlueTooth o, più frequentemente, ZigBee, e di utilizzare Meshlium come collettore ed eventualmente elaboratore dei segnali ricevuti da ciascun sensore. Dimenticavo, tra i moduli aggiuntivi ci sono 8 Gb di storage, il che permetterebbe di impiegare Meshlium per eseguire una prima aggregazione ed analisi dei dati comunicando i risultati ad un server centrale solo in in secondo momento.

(da meshlium.com)
(da meshlium.com)

Uno scenario completamente diverso potrebbe vedere Meshlium come una base per creare una “BlueTooth zone”, per non parlare di cosa si potrebbe fare montando il tutto a bordo di un’auto (ovviamente è prevista l’alimentazione dalla batteria della macchina): ricordate l’interfacciamento con il GPS?

Verrebbe voglia di giocarci, se non fosse che il prezzo non è proprio da ‘esperimento’: il modello base (solo wifi a 2.4 Ghz) si aggira sui 350 €, a cui va aggiunto il costo dei moduli aggiuntivi (dai 150 € per il BlueTooth ai 330 € per ZigBee).

Magari la prossima volta.

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Piccoli Sun crescono

Questa settimana inauguriamo la nuova veste, ehm, ‘editoriale’ della newsletter pescando un oggettino (per ora sperimentale) distribuito addirittura da Sun! L’affare in questione si chiama Sun SPOT, dove SPOT è il solito acronimo che sta per Small Programmable Object Technology, ovvero tecnologia basata su piccoli oggetti programmabili.

SunSPOT Developer Kit
SunSPOT Developer Kit

Ed in effetti ciò che Sun sta rendendo disponibli sono piccole scatolette, grandi più o meno quanto un pacchetto di fiammiferi da cucina, al cui interno si trovano sensori di tutti i tipi, comunicazionii wireless, ecc…, il tutto gestito da una JVM apposita (chiamata ‘Squawk’) in grado di far girare più applicazioni nello stesso momento senza bisogno di un sistema operativo.

Il kit è acquistabile direttamente dal sito, al costo di 630 € più spese di spedizione, e comprende tre sunSpot, l’ambiente di sviluppo e qualche altro accessorio.

Come al solito, per saperne di più: sunspotworld.com.

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